La Sindrome isterica spesso si confonde con un disturbo fisico, più volte con un attacco di panico.
Sempre più spesso mi capita, nella mia pratica clinica, di trovarmi di fronte a pazienti che vogliono una ‘diagnosi’, che vogliono sapere di che cosa soffrono: ‘Dottoressa che cosa ho esattamente? Cosa mi sta succedendo?’. Io non amo dare etichette, ogni caso e ogni storia è un caso e una storia a sé. Ma è pur vero che chi soffre di una malattia, che sia mentale o fisica, molto spesso vuole sapere di che cosa soffre – e se si tratta di un disturbo di origine psicologica soprattutto il ‘perché’ –. E’ quindi necessario dare a queste persone le risposte che desiderano.
Per quanto possibile, cerco di rimandare le risposte a quando il problema sarà stato superato; solo la soluzione del caso può, in effetti, farmi capire che si trattava effettivamente di depressione o di paranoia piuttosto che di ansia. Questo per dire che non è sempre facile capire di che cosa soffre una persona, dobbiamo spendere del tempo per indagare bene fin nei minimi particolari. Affrettare le cose non serve a niente; in ambito psicologico troppe sono le sfumature alle quali dobbiamo porre attenzione. Il rischio è una interpretazione sbagliata del problema e quindi un allungamento del processo di guarigione.
Per quanto non sia sempre facile comprendere il male che affligge chi ci sta di fronte, ritengo che venga spesso commesso un errore ai miei occhi ‘imperdonabile’, visto che si tratta di due problemi completamente diversi; e non solo nella loro esteriorità – cioè nei sintomi che li caratterizzano – ma anche, e soprattutto, nei motivi profondi che ne sono alla base. Per quanto alla Terapia Breve Strategica non interessino le ‘cause’ originarie del problema per trovarne la soluzione – ma si concentri piuttosto sul presente, sul qui ed ora –, tuttavia in certi casi non è possibile prescindere da esse: non considerarle significa non capire il problema della persona e quindi non essere in grado di aiutarla. E mi riferisco alla confusione che talvolta viene fatta tra quelle che sono le tanto conosciute ‘crisi di panico’, e quelle che invece sono le poco conosciute ‘crisi isteriche’. In effetti trattandosi comunque di ‘crisi’ non è raro che possano essere confuse l’una con l’altra, soprattutto dalle persone comuni, profani della materia; ma dagli addetti ai lavori – psicologi, medici, infermieri – questo errore non dovrebbe essere commesso, dal momento che troppe sono le differenze che le distinguono. Purtroppo, invece, c’è un abuso di diagnosi di crisi di panico – e di conseguenza anche di terapia farmacologica – anche quando di panico non si tratta. Credo che sia fondamentale cercare di fare chiarezza su questo punto, in modo da aiutare le persone a riconoscere da sole il male che le affligge e di conseguenza a non accettare cure sbagliate che vanno solo ad aggravare le cose. La crisi di panico è una crisi fulminea della durata di due-cinque minuti; ciò che prevalentemente la caratterizza è una forte paura di morire o di perdere il controllo e impazzire, e tutta una serie di sensazioni fisiche molto evidenti: tremore, sudorazione, vertigini, senso di soffocamento, nausea, svenimento. In genere chi soffre di panico, dopo il primo episodio, tende inizialmente ad evitare il luogo in cui è comparso la prima volta per poi arrivare ad evitare tutta una serie di situazioni simili; se è avvenuto in un negozio, ad esempio, la persona tenderà col tempo non solo a non entrare più in quel negozio ma piano piano eviterà di entrare in un qualsiasi negozio, per poi gradualmente stare lontano da tutti i luoghi chiusi: banche, ospedali, cinema… Quello che si crea è un vero e proprio circolo vizioso per cui più la persona evita certi luoghi per paura che possa di nuovo prenderle il panico e più paradossalmente non fa che aumentare la sua paura; il risultato è che si ritrova a vivere all’interno di un recinto che la ‘protegge’ dagli attacchi di panico ma che allo stesso tempo la limita e la imprigiona. La crisi isterica invece ha una durata maggiore, da una mezz’ora a un’ora, a volte anche di più, ma soprattutto ciò che la distingue è il fatto che la persona prova una forte rabbia o un forte dolore che cerca di esternare attraverso il corpo; anche in questo caso possono esserci vertigini, svenimenti, tremori, addirittura paresi agli arti. E’ una crisi che è scatenata dalla rabbia e dal dolore e non dalla paura, come nel caso del panico. E allora io mi chiedo: come è possibile che si possa confondere una crisi di tipo isterico con un attacco di panico? Sarebbe sufficiente indagare bene nella vita della persona per capire se nel suo passato possano esserci stati eventi traumatici e dolorosi: se sì, allora con molta probabilità si tratta di crisi isteriche; se invece non c’è questo passato doloroso ma ci sono tutta una serie di evitamenti che la persona mette in atto a causa della sua paura, allora è più sensato pensare a crisi di panico.
Quello che vorrei non succedesse così spesso come invece accade è il fatto di vedere persone farmacologicamente sedate – perché è stato loro diagnosticato un disturbo di panico, ma che del panico non hanno niente; tuttavia esse chiedono aiuto per questo problema, dal momento che non hanno le conoscenze adeguate per comprendere che si tratta di altro. Quando però in seduta spiego loro come stanno davvero le cose, sembrano in parte sorpresi, ma d’altra parte sollevati, perché finalmente scoprono la vera natura del loro problema. Quello che spetta loro è un lavoro totalmente diverso: non si tratta di lavorare sulla paura e sull’evitamento – per portarli gradualmente a fronteggiare tutte quelle situazioni che da tempo stavano evitando – ma si tratta di scavare nel profondo per far sì che buttino fuori tutta una serie di emozioni tenute nascoste per troppo tempo, in modo tale che imparino a gestirle e di conseguenza a liberarsene. Il primo a parlare di ‘isteria’ fu il vecchio Sigmund Freud che nella sua Vienna dell’ottocento scoprì come donne insoddisfatte della propria vita mostravano comportamenti inspiegabili dal punto di vista medico: svenimenti, paresi, vertigini ma senza nessun reale problema fisico. Ecco allora che iniziò a pensare che si trattasse di somatizzazioni e che la vera matrice fosse di tipo psicologico. E così era. Del resto ‘tutto ciò che non si scarica all’esterno, si scarica inevitabilmente all’interno’ e quando si reprimono certe emozioni come la rabbia, la frustrazione, il dolore, è il corpo a comunicarci che stiamo soffrendo. E il corpo molto spesso lo fa bloccandosi, impedendo alla persona di perseverare in quella vita di sofferenza.
Spero di aver fatto luce su un aspetto della terapia a me caro visto che mi si presenta spesso. Ma spero anche di accendere una speranza: che si tratti di crisi di panico o di crisi isteriche, una volta compreso il problema, c’è la possibilità di uscirne e di vivere finalmente una vita serena.