Il panico è la forma estrema della paura, è la paura portata all’eccesso.
Immaginate solo per un attimo di trovarvi in un locale con degli amici con i quali avete pensato di trascorrere una piacevole serata. Improvvisamente cominciate a sentirvi ‘soffocare’ dalle persone presenti: il cuore comincia a battere forte, il respiro inizia a farsi affannoso, le gambe tremano, la testa gira e vi assale una forte e sconvolgente paura di svenire, addirittura di morire. Vi avvicinate a fatica all’uscita del locale, avete bisogno di aria; oppure chiedete immediatamente aiuto a qualcuno che vi accompagni fuori, se non direttamente al pronto soccorso, tanta è la paura che possa succedervi qualcosa e che il vostro cuore non resista.
Oppure immaginate per un attimo di attraversare una piazza e di essere colti da una pensiero che vi spaventa: quello di poter commettere un gesto violento contro sé o contro gli altri. E’ talmente terribile per voi quest’idea che vi sentite assalire dalla paura di impazzire, di perdere il controllo: iniziate a tremare e a sudare, vi sembra di avere la testa ‘vuota’, e l’unica cosa che vi resta da fare è correre il più velocemente possibile a casa per essere sicuri che non vi succeda niente.
Se avete provato, anche solo una volta, un’esperienza simile a queste, allora avete vissuto sulla vostra pelle un vero e proprio ‘attacco di panico’: avete provato la forma estrema della paura.
La paura, quale emozione fondamentale di ogni essere vivente, non è di per sé patologica; al contrario, entro un certo limite, è essenziale per la sopravvivenza, sia nell’uomo che nell’animale, dal momento che permette di adattarsi all’ambiente circostante e di mettersi in allerta di fronte ad eventuali pericoli. Ma se la paura, di per sé ‘sana’, supera un certo livello, come avviene negli attacchi di panico, allora diventa una vera e propria ‘malattia’: quando ciò avviene la paura non ci aiuta più a gestire la nostra realtà, ma ci blocca e ci fa vivere in una condizione estremamente difficile. Come diceva Buddha: ‘Viviamo nella paura ed è così che non viviamo’.
Oggi, il termine ‘panico’ è ormai diventato popolare tra la gente, che sempre più lo utilizza per riferirsi a generici momenti di crisi: quante volte ad esempio vi sarà capitato di utilizzare l’espressione ‘sono nel panico!’ per riferirvi ad una situazione in cui eravate in difficoltà. Ma essere nel panico, soffrire di attacchi di panico, è ben altra cosa, o lo sa bene chi vive da anni intrappolato in questa gabbia infernale, dalla quale non riesce ad uscire. Inoltre, dal momento che l’attacco di panico si manifesta con tutta una serie di reazioni fisiche (tachicardia, respirazione affannosa, sudorazione, tremore, vertigini…) è sempre più spesso interpretato come una malattia del corpo, che dunque non può essere curata se non attraverso i farmaci.
La ricerca svolta al Centro di Terapia Strategica di Arezzo evidenzia invece uno scenario diverso, mostrando come l’attacco di panico sia il frutto complesso dell’interazione di più fattori: di ciò che la persona percepisce, cioè del motivo della sua paura; delle sue reazioni fisiche; dei suoi pensieri; ma soprattutto delle sue azioni, dei suoi tentativi di soluzione, cioè di quello che cerca di fare per fronteggiare la sua stessa paura. In effetti, dal punto di vista strategico, quasi tutti i problemi psicologici, quindi anche il disturbo di attacchi di panico, nascono, si sviluppano e si mantengono proprio a partire dai tentativi che la persona mette in atto per uscire dal problema stesso, soluzioni che anziché migliorare la situazione finiscono per aggravarla. Ecco allora il motivo per cui l’intervento strategico non solo blocca i tentativi fallimentari messi in atto dalla persona e che alimentano il problema, ma mira a far sì che li sostituisca con altre soluzioni che invece funzionano.
Scendiamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire come nasce un episodio di attacco di panico e come da questo singolo episodio si strutturi un disturbo di attacchi di panico, cioè una patologia persistente che può manifestarsi anche con più attacchi al giorno.
Un singolo episodio nasce nel momento in cui si viene a creare una vera e propria lotta tra emozione e ragione. Ognuno di noi è dotato di due menti: una arcaica, dove ci sono i centri deputati alle nostre più profonde emozioni, e una moderna, la sede dei nostri pensieri, della nostra ragione. Quando percepiamo un pericolo, abbiamo una reazione ‘sana e naturale’ di paura dovuta all’attivazione della nostra mente arcaica, reazione che avviene fuori dal nostro controllo cosciente. Tuttavia se la mente evoluta, razionale interpreta in maniera sbagliata questa naturale reazione e pretende di volerla controllare e tenere a freno, ecco che si viene a creare una situazione per cui più cerca di controllare le reazioni fisiologiche più paradossalmente queste vanno fuori controllo e aumentano: la mente non può controllare sé stessa mentre sta funzionando. Se questa lotta tra mente arcaica e mente evoluta non si blocca finiamo per andare letteralmente in ‘tilt’ ed essere sopraffatti dall’attacco di panico. Siamo caduti nella trappola paradossale del controllo che fa perdere il controllo.
Se poi, a partire da questo suo primo episodio, la persona, per non provare di nuovo una simile e atroce esperienza, inizia ad evitare le situazioni ritenute pericolose oppure a chiedere costantemente aiuto per affrontare le difficoltà, la situazione rischia di peggiorare: infatti, più evita, più si sentirà insicura dopo una momentanea rassicurazione, così come più chiede aiuto, più si sentirà incapace di fronte alle difficoltà dopo un iniziale sollievo. Alla lunga il risultato è che la paura aumenta. E di fronte alla paura la persona tenderà a reiterare i suoi tentativi di soluzione, evitare e chiedere aiuto, e quindi a ricadere nel panico. Ecco che si è venuto a creare un vero e proprio disturbo di panico. Ormai ciò che era l’effetto della paura – scappo o chiedo aiuto perché ho paura – diviene la causa della paura stessa – ho sempre più paura perché evito tutto e chiedo sempre aiuto –. Come scriveva Cioran ‘Il pauroso edifica i suoi timori e poi vi ci si istalla dentro’.
Ma allora come è possibile aiutare la persona ad uscire da questa trappola infernale?
La rottura di questo circolo vizioso di soluzioni fallimentari che alimentano il problema anziché risolverlo – il controllo delle proprie reazioni, l’evitare situazioni pericolose o il chiedere costantemente aiuto –, avviene grazie all’uso di stratagemmi terapeutici che, aggirando la resistenza del paziente, lo portano a fare una concreta esperienza di superamento della propria paura senza che gli venga richiesto direttamente di vincere la paura. L’accorgersi, poi, di aver fatto proprio quello che pensava di non essere in grado di fare, cioè superare la paura, diventa per lui una scoperta illuminante, qualcosa che tocca le sue più profonde emozioni e a partire dalla quale inizia a cambiare la percezione di sé e della realtà circostante, e, di conseguenza, anche i suoi comportamenti e le sue idee.
Del resto già gli antichi Sumeri sapevano che ‘La paura guardata in faccia si trasforma in coraggio, la paura evitata diventa timor panico’.