Che cosa è l’EMDR e perché viene definito ‘la chiave che apre i giardini della nostra memoria’?
Dall’inglese EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ossia Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari, è un trattamento psicoterapeutico utilizzato per alleviare lo stress associato ai ricordi di origine traumatica; in particolar modo, è indicato per tutte quelle esperienze che hanno un impatto emotivo così intenso e negativo da impedire alle persone di continuare a vivere e ad essere come prima. Dal greco le parole ‘trauma psicologico’ significano ‘ferita dell’anima’, ossia una lacerazione interiore, un danno emotivo profondo che rischia, se non metabolizzato, di generare disturbi di natura psicologica anche molto gravi.
Tuttavia quando parliamo di trauma a forte impatto emotivo, non necessariamente dobbiamo pensare ad un evento catastrofico come un incidente stradale, una calamità naturale, uno stupro, un omicidio, un suicidio oppure una diagnosi infausta. I traumi possono anche essere esperienze che oggettivamente sono poco rilevanti – come un padre particolarmente burbero, o una maestra poco empatica, oppure una delusione amorosa –, ma che in realtà soggettivamente, per chi li subisce, possono assumere un peso importante a livello psicologico ed emotivo. Ciò è vero soprattutto se tali esperienze vengono ripetute nel tempo e in momenti di particolare fragilità come nell’infanzia o in momenti particolarmente vulnerabili. Eventuali umiliazioni, abbandoni o paure vissute in questi momenti, rischiano di lasciare il segno, modificando i nostri atteggiamenti, le nostre emozioni e le nostre relazioni con gli altri nel corso della vita; usando una metafora, possiamo vedere il trauma psicologico, più o meno grande, come una ferita dell’anima che se non riesce a cicatrizzare, può continuare a sanguinare anche a distanza di anni. In particolare, nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali DSM-IV (2013), redatto dall’American Psychiatric Association, troviamo la definizione di DSPT – Disturbo Post Traumatico da Stress – per definire quella condizione di ‘paura, senso di vulnerabilità e orrore’, in cui vive la persona e che è associata al ricordo del grave trauma subito e che ha minacciato la sua integrità fisica e psicologica.
Le conseguenze a livello psicologico di un trauma, che sia esso profondamente catastrofico come un grave incidente o un lutto, o che sia meno sconvolgente come il senso di trascuratezza da parte delle figure di riferimento nell’infanzia, sono comunque molto evidenti: nel primo caso facilmente si assiste a continue immagini dell’evento traumatico che sono sempre presenti e con esse anche le sensazioni vissute allora che continuano ad essere vive, tanto da sembrare che l’evento sia accaduto poche ore prima piuttosto che mesi o anni addietro; nel secondo caso, per quanto l’impatto emotivo e la sofferenza psicologica siano minori, la persona vive costantemente con sensazioni di insicurezza, mancanza di autostima, colpevolizzazioni, attacchi di panico e ansie costanti.
Ma ciò che va a modificare un trauma psicologico, come detto sopra, non sono solo le emozioni, gli atteggiamenti e le relazioni: la vera novità scientifica, ormai dimostrata da numerosi studi all’avanguardia nel campo della neurobiologia, è che l’evento traumatico, sia di natura più grave che di minore importanza, va a modificare il cervello stesso. Ecco cosa accade a livello cerebrale: così come siamo dotati di un sistema immunitario che provvede a guarire le ferite di natura fisica, così siamo anche dotati di un naturale sistema di riparazione per le ‘ferite dell’anima’. Quando cioè viviamo un trauma, questo non viene cancellato ma rielaborato dalle nostre reti neurali in modo adattivo, permettendoci di andare avanti ed attingere a nuove risorse interne. Il passato, in questi casi, resta nel passato e noi possiamo continuare il cammino della nostra vita. Tuttavia, non tutti i traumi psicologici vengono metabolizzati e risolti: in altre parole, è come se, in certi casi, il nostro cervello non riuscisse a mettere in atto quel processo di autoguarigione della ferita emotiva, integrando quel vissuto negativo insieme a tutti gli altri in modo adattivo. Viceversa, in questi casi, il trauma rimane irrisolto e diventa parte integrante di un vero e proprio circolo vizioso di pensieri, emozioni e sensazioni corporee disturbanti. Possiamo immaginare i ricordi traumatici non risolti come congelati e isolati dal resto delle reti neurali del nostro cervello; ciò è addirittura confermato dagli studi di neuroimaging che hanno evidenziato come a differenza dei ricordi non traumatici, i ricordi di natura traumatica rimangono collocati soprattutto a livello dell’emisfero destro, separati dai ricordi positivi.
Date queste evidenze scientifiche, il metodo EMDR nasce con lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra i due emisferi cerebrali attraverso delle stimolazioni oculari che si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene durante il sonno REM (Rapid Eye Movement). Attraverso dei semplici movimenti oculari, o stimolazioni alternate destra-sinistra, il terapeuta aiuta il paziente a elaborare il ricordo traumatico, tanto che dopo l’EMDR il paziente pur ricordando ancora l’evento, sente che tutto ciò fa parte del passato ed è integrato in una prospettiva più adulta. Dopo una o due sedute i ricordi disturbanti legati all’esperienza traumatica si modificano: il cambiamento è molto rapido e ciò indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, i pensieri intrusivi diminuiscono e le emozioni e le sensazioni fisiche si riducono di intensità.
Per concludere, possiamo senza dubbio affermare che dopo una terapia con EMDR, la persona rafforza la sua autostima, è più centrata sul senso di sé e sul qui e ora e ha più fiducia nelle sue capacità e nel suo valore come persona.
‘Se potessi ricordare le cose brutte della mia vita come se fossero cose che non mi hanno spezzato dentro, ma come cose che sono stata capace di superare ogni volta per poi voltare pagina, la mia vita potrebbe essere ancora molto bella…’.