Come è possibile elaborare un trauma e recuperare il nostro equilibrio psico-fisico?
Un evento traumatico, qualunque esso sia, ci trova impreparati. Fino ad un attimo prima, la nostra vita scorreva nel suo abituale tran tran, tra le cose da fare nell’immediato e quelle previste per i giorni o mesi futuri. Poi ecco che in un attimo tutto cambia, tutto si ferma: non c’è più quel quotidiano rassicurante, tantomeno quel futuro precedentemente previsto. Lo shock è talmente forte che per un attimo smettiamo di pensare, di ragionare e di capire; dobbiamo solo sopravvivere al momento del trauma, che però ancora non realizziamo completamente.
L’evento, per definirsi traumatico, deve produrre nella persona un’esperienza vissuta come critica, ingestibile e destabilizzante: si tratta di un esempio di stress di gravità estrema, che minaccia l’integrità stessa della coscienza. Non è un caso che ‘trauma’, dal greco, significa ‘rottura’: rottura di un equilibrio precedente, di una dimensione certa e sicura, di un benessere psico-fisico interiore. Quell’evento, che arriva così all’improvviso, crea, in altri termini, una sorta di spaccatura interiore che manda in frantumi il nostro Io, ridotto in pezzi, difficilmente ricomponibili almeno nell’immediato.
La gravità del trauma psicologico varia chiaramente da persona a persona, ma non solo: dipende anche dal tipo di trauma subìto e dal supporto emotivo di altre persone. Subire una violenza o un’aggressione; sopravvivere ad un grave incidente o assistere ad un incidente di un figlio; rimanere illesi dopo un terremoto sono, ad esempio, tipi di traumi molto gravi che generano, dopo lo shock immediato, tutta una serie di sintomi.
Uno degli effetti immediati di un trauma è il rivivere quest’ultimo mentalmente e fisicamente; tuttavia, essendo questa un’esperienza estremamente dolorosa, le persone tendono a evitare di ricordare quanto accaduto mettendo in atto una serie di meccanismi di difesa come la ‘negazione’, cioè nego che sia accaduto, o la ‘rimozione’, ossia lo rimuovo completamente e non lo ricordo. In realtà, più si cerca di evitare il ricordo, più il ricordo rimarrà dentro di noi irrisolto: al contrario, il fatto che una persona riviva il trauma con una serie di sintomi, è segno che il corpo e la mente stanno cercando di far fronte a quanto accaduto in maniera attiva.
Nei giorni successivi al trauma la nostra psiche passa dall’incredulità di ciò che è accaduto, al prendere coscienza dell’evento stesso: in questo passaggio, dall’incredulità all’evidenza, le persone sperimentano generalmente una serie di emozioni che vanno dall’ansia al panico, o a forti sentimenti di rabbia, anche in situazioni inappropriate. Molto spesso, poi, la persona è tormentata da immagini e flashback dell’evento: la sua mente, cioè, torna a rivivere il trauma, generando in lei forti emozioni di smarrimento e destabilizzazione. Frequenti, in effetti, sono anche gli incubi notturni e l’insonnia, che vanno ad aggravare ancora di più un quadro psico-fisico già fortemente compromesso.
Col passare del tempo, purtroppo, si assiste spesso ad un vero e proprio esaurimento emotivo che genera nella persona distrazione e incapacità di pensare in modo lucido. A ciò si aggiunge frequentemente una sorta di distacco emotivo, una vera e propria dissociazione: dissociarsi dall’emozione dolorosa, come altro meccanismo di difesa della nostra mente, significa però annullare tutte le emozioni, fino ad arrivare ad una vera e propria desensibilizzazione emotiva che porta la persona ad apparire svuotata, fredda, preoccupata e distante. In situazioni ordinarie si verificano frequentemente anche problemi di memoria.
Se l’evento traumatico non viene correttamente elaborato grazie ad un supporto di tipo psicologico, alcune persone possono rimanere traumatizzate a lungo, fino a sentirsi danneggiate in modo permanente. Questo comporta inevitabilmente la perdita della propria autostima, sentimenti di disperazione e sfocia molto spesso nella depressione. Se elaborare un trauma è fondamentale per un adulto, tanto più lo è se a subirlo è stato un bambino: a volte i genitori di un figlio che ha subito un trauma, essendo loro stessi traumatizzati, non riescono, nonostante gli sforzi, ad assistere in modo adeguato il loro bambino nella regolazione delle emozioni e nell’attribuzione del significato e del contenimento della paura post-traumatica, che porta a conseguenze negative sul piccolo. Per questo è fondamentale che non siano solo i genitori a richiedere un aiuto specialistico per loro stessi, ma che facciano in modo che anche il bambino riceva un adeguato supporto per elaborare quanto accaduto, perché il bambino possa recuperare quanto prima il suo benessere psicologico ed emotivo. Fin tanto che il trauma non viene metabolizzato dalla nostra psiche, tenderà a rivivere dentro di noi: ogni qual volta, cioè, che arriva uno stimolo dall’esterno, sia esso sonoro, visivo o olfattivo e che si riassocia al vissuto traumatico, scatenerà in noi il ricordo vivido del trauma e con esso tutte le emozioni negative associate.
Spesso il supporto psicologico che occorre per elaborare un trauma si avvale di un approccio terapeutico strutturato chiamato EMDR, dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing ossia Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari. Si tratta di un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico, ma che facilita anche il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati anche ad esperienze più comuni ma comunque stressanti da un punto di vista emotivo.
Dobbiamo ricordarci, come scrive Peter A. Levine che ‘Il trauma è una realtà della vita, ma non per questo dev’essere una condanna a vita’.