Imparare ad affrontare l’emergenza Coronavirus.
E’ accaduto davvero, e non solo nei film; quello che stiamo vivendo è reale, è tangibile ogni giorno di più. Questo virus invisibile – di nome Coronavirus – ha sconvolto le nostre abitudini e la nostra routine, ha modificato il nostro mondo esterno e il nostro mondo interno. E sta cambiando anche le nostre relazioni: l’altro – che sia il nostro vicino o l’amico del cuore piuttosto che il commesso del supermercato – sta diventando un ‘pericolo’. Lo guardiamo con occhi diversi, con occhi schivi e impauriti, fosse mai lui a trasmetterci questa malattia; allora ci teniamo alla dovuta distanza, quella raccomandata, ma anche quella non ci tranquillizza perché in realtà abbiamo sentito dire tante, troppe cose su questo sconosciuto nemico che non sappiamo neppure se basta un solo metro, forse due o addirittura tre. Insomma, in un attimo, la quotidianità e gli aspetti che fino a quel momento ci davano certezza, diventano instabili. Tutto questo ci rende vulnerabili, ci pone di fronte ai nostri limiti di essere umani, ci fa toccare con mano che purtroppo, o per fortuna, non tutto è sotto il nostro controllo e non tutto dipende da noi.
Ciò genera, dentro di noi, un progressivo stato di allerta e attivazione, così come accade ogni volta che proviamo paura per qualcosa che percepiamo come pericoloso per la nostra sopravvivenza. In realtà, nel caso del Coronavirus, usare il termine paura per definire il nostro stato d’animo non è esattamente corretto; sì perché, come afferma Umberto Galimberti, filosofo, sociologo, psicoanalista, accademico italiano, nonché giornalista de La Repubblica, ciò che crea dentro di noi questa situazione, più che una sana paura, in realtà è un’insana angoscia.
E allora dove sta la differenza?
La paura, in quanto meccanismo di difesa fondamentale dell’essere umano, garantisce la sopravvivenza aiutandoci a gestire la realtà circostante: in qualsiasi condizione di pericolo reale noi ci possiamo trovare, grazie all’attivazione dei meccanismi neuronali del sistema limbico, abbiamo la possibilità di metterci in salvo. Grazie, infatti, al maggior flusso sanguigno che arriva al cuore a agli organi periferici, avremo più riflessi per trovare vie di fuga e una maggiore velocità di azione e forza fisica. Ciò però avviene se il pericolo è davanti ai nostri occhi, se lo conosciamo e quindi se in parte possiamo controllarlo: un animale pericoloso di fronte a noi, una macchina che sta per investirci, un oggetto che sta per caderci addosso. Ma che succede dentro di noi se ciò che percepiamo come pericoloso non lo conosciamo, non lo possiamo vedere e non ne abbiamo il controllo come nel caso del Coronavirus? Accade che anziché avere paura, sentiamo angoscia. L’angoscia – come afferma Galimberti – è il sentimento che proviamo di fronte all’ignoto, a qualcosa che è fuori dalla nostra portata perché sconosciuto e, in quanto tale, è un sentimento distruttivo e limitante.
Il Covid-19, quindi, virus nuovo per l’uomo, ha avuto così tanto contagio emotivo non perché ci fa paura, ma perché ci crea angoscia in quanto qualcosa che l’essere umano si trova per la prima volta ad affrontare, un po’ come succedeva agli uomini delle caverne quando assistevano alle eruzioni vulcaniche senza saperne la genesi e non sapendo come comportarsi.
Fortunatamente, però, il nostro cervello è in grado di adattarsi alle nuove circostanze e attivare strategie di coping per gestire anche situazioni di emergenza. In psicologia il termine coping (termine inglese traducibile con ‘strategia di adattamento’) indica l’insieme dei meccanismi psicologici adattativi messi in atto da un individuo per fronteggiare problemi emotivi, interpersonali o per ridurre lo stress causato da un agente stressante come il Coronavirus.
E quindi, se è vero che non possiamo avere il controllo sull’evolversi della pandemia, possiamo tuttavia fare quello che ci è possibile fare nel nostro presente, nel nostro ‘qui ed ora’ grazie all’ attivazione di risorse interne a cui ognuno di noi può attingere.
Possiamo riposarci, parlare e passare più tempo con la famiglia e gli amici, fare esercizio fisico, fare attività che ci aiutano a rilassarci e mantenere, dove possibile, tutto ciò che fa parte della nostra routine.
Non dobbiamo mai dimenticare che il miglior antidoto contro l’angoscia e contro le tensioni emotive è l’amore verso sé stessi: quando stiamo bene, infatti, il nostro organismo produce ormoni che aumentano il nostro benessere e contrastano gli ormoni dello stress come il cortisolo. Ciò, nella pratica, si traduce nel fare qualcosa che ci dà piacere e soddisfazione come una camminata all’aria aperta o ascoltare la musica, o guardare un film o qualsiasi altra cosa sia fonte di piacere: ciò permetterà al nostro corpo di produrre una maggiore quantità di dopamina, che è l’ormone della motivazione, grazie alla quale potremo più facilmente combattere le emozioni negative che questa emergenza ci fa provare.
Concludo con le parole di Ovidio: ‘Riposati ogni tanto; un campo che ha riposato dà un raccolto abbondante’.