Per credere in sé stessi dobbiamo sentirci vincenti… e ognuno, se lo vuole, può diventare quel ‘vincente’ che la vita lo ha destinato ad essere.
Vincenti e perdenti: di fronte a questa dicotomia ognuno di noi si soffermerebbe un po’: posso immaginare spontanea, dentro di noi, la domanda ‘e io chi sono? Un vincente o un perdente?’. E’ una domanda difficile alla quale rispondere, o forse facile, non lo so; tutto dipende dal significato che attribuiamo a questi due termini.
In una società sempre più attenta a ciò che possediamo piuttosto che a ciò che siamo, all’immagine che diamo piuttosto a ciò che realmente sentiamo, il ‘vincente’ è senza dubbio colui che ha una buona posizione lavorativa, una casa di proprietà, una macchina di un certo livello, una famiglia realizzata con la quale passare il week-end a fare spese al centro commerciale. Diversamente, il ‘perdente’ è colui che ha una condizione lavorativa purtroppo tutt’altro che stabile, facilmente in una casa in affitto, con una macchina utilitaria e una famiglia che ha difficoltà ad arrivare al mese successivo.
Se il valore economico è il punto di vista che usiamo, non sembrerebbe così difficile collocarci in una delle due categorie; e non sarebbe neppure difficile ampliare questa analisi all’intera popolazione mondiale: le nazioni vincenti sarebbero quelle i cui cittadini si trovano per la maggior parte nella suddetta condizione di ‘vincente’, mentre le perdenti sarebbero le nazioni povere, quelle nelle quali sarebbero i ‘perdenti’ la maggioranza.
Ma che cosa succede se anziché basarci sull’aspetto economico, sul valore materiale, prendiamo come riferimento l’essere umano in quanto tale? In altre parole, se partiamo dal punto di vista di Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, per il quale l’essere umano, in qualsiasi età e condizione si trovi, può riscoprire in sé stesso le radici del suo potenziale psichico completo, ampliare le proprie aspettative e il proprio cammino esistenziale, chi diventa l’uomo – o la donna – ‘vincente’, o ‘perdente’?
Scopo di questo articolo è descrivere i ‘vincenti’ e i ‘perdenti’ secondo la prospettiva psicologica dell’Analisi Transazionale, così che chi legge possa assumere una maggiore consapevolezza di sé stesso e trovare nuovi spunti di riflessione e analisi della propria persona.
Secondo questa prospettiva, il ‘vincente’ ha diverse potenzialità di vittoria, ma questa non sta nel successo, bensì nell’autenticità. Una persona autentica vive la propria realtà conoscendo sé stesso, essendo sé stesso, diventando sempre più credibile e sensibile. Le persone autentiche – ‘vincenti’ – non dedicano la propria vita a crearsi una propria immagine ideale di sé stessi; semplicemente sono sé stessi, e appunto per questo non sprecano energia né a recitare una parte né a simulare, né a manipolare gli altri. Sanno che amare è diverso dall’agire come se si amasse; e che c’è differenza tra essere intelligenti e mostrarsi intelligenti; tra essere stupidi e agire da stupidi. Non sentono il bisogno di nascondersi dietro una maschera, pensano a modo loro usando la propria testa, ma soprattutto sanno dipendere solo da sé stessi. I ‘vincenti’ sono per lo più spontanei, vivono nel ‘qui e ora’, nel tempo presente, conoscono il loro passato e aspettano il futuro senza ansie. Ma cosa più importante, le persone ‘vincenti’ imparano a conoscere i propri limiti e i propri sentimenti senza averne paura: non si lasciano arrestare dalle loro contraddizioni e ambivalenze, sanno quando sono in collera e percepiscono quando sono gli altri ad essere in collera con loro; possono dare e ricevere affetto, essendo capaci di amare e di essere amati.
Purtroppo, però, per quanto ognuno di noi nasca con la capacità di vincere, non tutti ci riescono; in particolare, avvenimenti vissuti nella prima infanzia, come una mancata risposta ai bisogni di dipendenza, scarsa nutrizione, rapporti affettivi poco felici, malattie, delusioni continue, cure fisiche inadeguate o eventi traumatici, possono contribuire a creare dei ‘perdenti’: in effetti, è per far fronte a tali esperienze negative che sin da bambini queste persone imparano a manipolare sia sé stessi che gli altri, per poi mantenere tali modelli di comportamento anche da adulti. Tutto ciò interrompe o impedisce il normale progresso verso l’autonomia e l’autorealizzazione, rendendo tali persone indifese, dipendenti dall’ambiente e incapaci di assumersi le proprie responsabilità.
A differenza del ‘vincente’, la persona ‘perdente’ vive raramente nel presente, piuttosto distrugge il suo presente concentrandosi sul passato o su aspettative future. Il ‘se soltanto avessi fatto… o fossi stato…’, sono le recriminazioni del ‘perdente’ che vive nel passato; mentre il ‘cosa accadrà se…’ è il costante timore del ‘perdente’ che vive il presente in continua ansia, immaginandosi un futuro spesso catastrofico.
I ‘perdenti’ sono incapaci di percepire la situazione presente secondo la piena potenzialità dei loro sensi, vedono sé stessi e gli altri come attraverso delle lenti deformanti che impediscono loro di affrontare la realtà in modo efficace. Per questo hanno bisogno di investire le loro energie a nascondersi dietro una maschera, per offrire all’esterno un volto diverso, simulando, manipolando e perpetuando vecchi ruoli dell’infanzia.
Personalmente credo fermamente nelle potenzialità di ogni essere umano e penso che ognuno debba prendersi la sua vita nelle proprie mani, cercando di far emergere il ‘vincente’ dentro di sé.
Ciò che nel mio lavoro di terapeuta mi pongo come obiettivo, in effetti, e non sempre è cosa facile, non è quello di insegnare qualcosa a un uomo – o a una donna – ma, come diceva Galileo, di aiutarlo a scoprirla dentro di lui – o dentro di lei –.
Concludo permettendomi di dire che secondo il mio punto di vista, non è indifferente vivere la propria vita da ‘vincente’ o da ‘perdente’: e che chi dice che vincere o perdere non conta, probabilmente ha già perso.