La paura può diventare la cosa di cui abbiamo più paura: ecco la Paura della paura.
La paura – insieme alla rabbia, al piacere e al dolore – rappresenta una delle quattro emozioni ‘di base’ che nessun essere umano può evitare di provare e che, entro certi limiti, è essenziale per la sopravvivenza. E’ in effetti la paura che ci mette in allerta di fronte ai pericoli e ci permette di fronteggiarli. Tuttavia, quando questa emozione ‘sana e naturale’ supera una certa soglia si trasforma in qualcosa che, anziché aiutarci a gestire la realtà circostante, ci blocca, facendoci vivere in una condizione estremamente difficile. La paura patologica è quell’emozione per la quale ‘vivere non è più vivere’: in altre parole, se viviamo nella paura, in realtà non viviamo. Quando si manifesta nel suo grado estremo, la paura coinvolge la mente e il corpo in modo tale da mettere completamente fuori gioco il nostro pensiero razionale.
I sotterfugi della speranza sono altrettanto inefficaci degli argomenti della ragione
– Cioran
I volti della paura sono i più diversi: dal panico, che scatta improvvisamente e coglie impreparata la persona, a monofobie specifiche ma altrettanto disturbanti come la claustrofobia, l’agorafobia, l’ipocondria e simili. In particolare, le monofobie hanno molto spesso origine da un episodio di panico in concomitanza con una certa situazione, per poi strutturarsi in veri e propri disturbi fobici invalidanti. Dobbiamo considerare infatti che qualsiasi paura specifica e apparentemente collegata ad una certa situazione – come ad esempio la paura di entrare in ascensore – si può trasformare nel tempo in una severa patologia; e questo accade se la persona, col passare dei mesi, mette in atto alcune Tentate Soluzioni Disfunzionali (TSD) che anziché aiutare la persona a superare la sua paura finiscono in realtà per aggravarla. Tipiche TSD di chi soffre di paura sono l’evitamento delle situazioni che la spaventano o il chiedere aiuto a qualcuno per affrontarle. Riprendendo il nostro esempio della paura dell’ascensore, ciò vuol dire che, se la persona, per paura di essere sopraffatta da un nuovo episodio di panico, comincia ad evitare questa ‘prima’ situazione, gradualmente finirà per evitare anche altri luoghi chiusi come negozi, uffici e locali; oppure se per entrare in questi posti richiede l’aiuto di qualche amico o familiare, finirà per averne sempre più bisogno. Ma così facendo purtroppo, non farà altro che trasformare il ‘suo primo episodio di panico circoscritto all’ascensore’ in un vero e proprio ‘disturbo di panico invalidante’ che prenderà il nome, in questo caso di claustrofobia.
E’ con lo stesso meccanismo che si strutturano anche tutte le altre monofobie invalidanti. E quando arriviamo ad una situazione di paura generalizzata, come ad esempio nel caso della claustrofobia in cui il terrore è collegato a qualsiasi luogo chiuso, quello che in genere la persona riferisce non è tanto più la paura della situazione iniziale – in questo caso la paura di entrare in ascensore – ma ‘la paura della paura’, cioè la paura dell’innescarsi di tutte quelle reazioni tipiche della paura che poi scatenano il panico.
La paura è la cosa di cui ho più paura
– De Montaigne
Purtroppo, se chi soffre di paura patologica si rivolge al medico, troppo spesso si vede prescrivere ansiolitici o antidepressivi senza un’adeguata considerazione della dimensione psicologica del problema. La paura, invece, anche nelle sue forme più invalidanti, può essere gestita e con il tempo superata completamente grazie ad un opportuno intervento psicoterapeutico. La Terapia Breve Strategica, in particolare, affronta in tempi brevi anche le paure più pervasive e paralizzanti. Queste paure non sono una condanna inesorabile: infatti, come insegna la saggezza strategica, ‘se un problema è complicato e sofferto non necessariamente altrettanto complicata e sofferta dovrà essere la sua soluzione’.