Il Senso del dovere spesso ci schiaccia… come poter superare la lotta eterna tra piacere e dovere?
Sant’Agostino scriveva: ‘nessuno può vivere senza piacere’; in effetti il piacere è ‘lo scoglio su cui tutti gli esseri umani amano naufragare’ e ‘nella lotta tra piacere e dovere è sempre il secondo a dover soccombere’ (G. Nardone). Eppure, non capita di rado di sentirsi in colpa per non aver fatto il proprio dovere, o di riuscire a godersi un’uscita solo dopo aver svolto i propri compiti.
La lotta tra il piacere e il dovere, in effetti, è costantemente presente dentro di noi e nasce nei primissimi anni della nostra vita; da piccoli, conosciamo e parliamo solo il linguaggio del piacere: giocare, giocare e ancora giocare, questo desideriamo quando siamo bambini. Non esistono regole, divieti o doveri che il bambino si impone da solo: se fosse per lui ogni giorno sarebbe solo e soltanto puro divertimento, in un eterno presente libero dalle ansie del futuro o dai rimorsi per il passato. Quale età più bella? Peccato però che in quel momento non ce ne rendiamo conto… e quando lo realizziamo, ahimé, questa età è già passata, lasciandoci la malinconia di giornate che sembrava non finissero più. Ma in realtà ben presto impariamo, fin da piccoli, che nel mondo non esiste solo e soltanto la nostra egocentrica volontà, ma anche regole e doveri imposti dalla nostra famiglia, in primo luogo e, secondariamente, dalla società nella quale viviamo. Dobbiamo alzarci presto la mattina per andare a scuola, dobbiamo fare i compiti, dobbiamo ubbidire, dobbiamo imparare ad aspettare, a gestire il nostro istintivo protagonismo e a chiedere le cose cortesemente piuttosto che pretendere rabbiosamente. In altre parole scopriamo che gli adulti parlano un linguaggio diverso dal nostro, molto più incentrato sul dovere che sul piacere e che crescere significa diventare in grado di gestire queste due forze uguali ma opposte, forze che, volenti o nolenti, ci accompagneranno per tutta la vita.
Questa scoperta non è facile da accettare: è così che viviamo le nostre prime frustrazioni, qualcuno o qualcosa ci impedisce di fare quello che vorremmo e questo ci fa arrabbiare moltissimo; ma, d’altra parte, tutto ciò è necessario per crescere e maturare, per diventare adulti responsabili, in grado, a nostra volta, di insegnarlo ai nostri figli.
Ma soffermiamoci e osserviamoci solo per un attimo: perché è così difficile trovare persone che riescono a vivere questa dicotomia piacere-dovere con serenità? Perché è più facile trovare persone intrappolate in questa lotta costante, attanagliate spesso dai sensi di colpa per i continui doveri da compiere e dunque incapaci di concedersi anche il minino piacere? O viceversa, persone che sembrano riuscire a godere di tutti i piaceri che la vita può dare, quasi fossero immuni da qualunque forma di senso di colpa?
Questo chiaramente dipende da molti e diversi fattori. Sulla predisposizione caratteriale di ciascuno di noi, infatti, incidono chiaramente la famiglia nella quale cresciamo – e quindi gli ambienti che frequentiamo fin da piccoli – ma anche, più in generale, la cultura e il momento storico in cui nasciamo.
Tralasciando di approfondire gli aspetti caratteriali e le dinamiche familiari che possono incidere sulla modalità in cui una persona vive il binomio piacere-dovere, vorrei invece fare una breve riflessione sui fattori sociali.
La società in cui viviamo oggi, potremmo pensare, è senza dubbio la società del piacere: vengono meno i tabù sessuali, il rapporto con i genitori e con le figure d’autorità è sempre più amichevole – non ci sono più gli antipatici limiti nell’orario di rientro serale, nel modo di vestirsi, nel modo di rapportarsi con i ‘prof’’(se usi il termine ‘professore’ sei vecchio!) –; la tecnologia sembra annullare la necessità di attendere – possiamo parlare in tempo reale con un lontano amico dall’altra parte del mondo, senza aspettare quella lettera di risposta che non arrivava mai –. In altre parole possiamo fare quello che vogliamo, finalmente. Ma siamo proprio sicuri che questo vada così facilmente sempre e soltanto nella direzione del piacere? In effetti capita spesso invece che si realizzi il paradosso che Paul Watzlawick chiamava del ‘Sii spontaneo’: quando chiediamo ad una persona di essere spontaneo è la volta che non potrà mai esserlo, proprio perché siamo noi a chiederglielo. In un certo senso è come se questa società comunicandoci ‘fate quello che volete, divertitevi!’ ci facesse cadere nel triste paradosso di non desiderare più niente, di doverci divertire a tutti i costi, con l’effetto contrario di essere sempre più annoiati e soli.
E’ la mia personale opinione, certo, ma è anche quello che sempre più vedo nel mio lavoro di psicoterapeuta.
Proprio per riflettere su temi come questo ho fondato, insieme ad altri colleghi, l’associazione culturale Antropica: qui si trova uno spazio comune per parlare di questi temi, così profondi e così umani, che spesso vanno oltre la sfera strettamente psicologica. Sono temi che toccano le principali questioni della vita, affrontati da un punto di vista più ampio, interdisciplinare e filosofico. Ed è proprio il tema piacere-dovere quello di cui si parlerà nel prossimo incontro, in forma gratuita, ad Arezzo, presso lo studio in Corso Italia 257, sabato 1 dicembre dalle ore 16 alle ore 17.30.
Ogni confronto allarga gli orizzonti, facendoci vedere gli stessi mondi ma con occhi diversi. Marcel Proust scriveva: ‘il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi mondi ma avere nuovi occhi’. Antropica ci aiuta a fare questo, e per questo voglio ringraziarla.