Cura eccessiva del corpo: la corsa sfrenata all’apparire
L’estate è ormai arrivata e con essa il tanto atteso momento di spogliarsi dei pesanti abiti invernali. Per molti questo è un vero piacere: indossare solo maglietta e pantaloncini o una gonna corta ci fa sentire leggeri, più liberi di muoverci. Ancora di più se ci mettiamo in costume al mare: in bikini le donne riscoprono la bellezza di sentire su tutto il loro corpo la brezza marina e gli uomini, liberandosi finalmente di camicie e di cravatte soffocanti, ritornano alla loro più primordiale natura, quella di uomini, nudi e liberi. Ma se questo è per molti un momento tanto atteso, di certo non lo è per tutti; chi non ha un buon rapporto con il proprio corpo non vive il passaggio inverno-estate con tanta facilità: nei mesi invernali l’imbarazzo di sentirsi goffi e inadeguati può essere camuffato molto meglio, con abiti pesanti che nascondono i propri difetti. Ma in estate questa ‘protezione’ viene meno, i difetti emergono con molta più evidenza e con loro la paura – se non la certezza – di essere osservati e giudicati. Per alcuni quindi la bella stagione coincide con l’insorgere di ansie e preoccupazioni legate al proprio aspetto e di conseguenza con l’inizio di un vero e proprio ‘lavoro’ sul proprio corpo, estremamente stressante e impegnativo. Diete restrittive, sport e trattamenti estetici: il tutto per apparire ‘in forma’, per sentirsi meglio con sé stessi e di conseguenza con gli altri. Forse pensiamo che tutto ciò venga fatto da chi effettivamente è in sovrappeso se non addirittura obeso; in realtà non è così. Se osserviamo bene le persone che frequentano i centri estetici, le palestre o che stanno molto attenti a ciò che mangiano, facciamo la scoperta sorprendente che in realtà si tratta di persone che nella maggior parte non hanno nessun reale problema estetico, se non qualche piccolo difetto che li renderebbe ancora più interessanti, se solo avessero il coraggio di accettarlo. Sembra invece che chi ne avrebbe effettivamente bisogno fugga da questi ambienti, si vergogni di farsi vedere in palestra o di farsi massaggiare le ‘curve’ sul lettino dell’estetista. Perché questa contraddizione? Per quale motivo chi ha effettivamente problemi di peso molto spesso non fa niente per stare meglio e invece chi non ne ha fa di tutto per apparire sempre più in ‘tiro’? Sembra che la società in cui viviamo stia diventando sempre più una società divisa tra coloro che potremmo definire gli ‘arresi’ – arresi al loro aspetto paffutello, rinunciatari di fronte a qualsiasi tipo di sacrificio per stare meglio fisicamente e psicologicamente – e coloro che invece, seppur naturalmente in forma, sono in lotta continua con sé stessi e con il loro corpo per apparire esteticamente ‘perfetti’, che potremmo definire i ‘dismorfofobici’.
Ho trovato particolarmente interessante a questo proposito un’affermazione fatta dal filosofo Galimberti durante un’intervista, sostenendo che ‘l’uomo moderno è passato dall’Etica all’Estetica. Cosa significa questo? Significa che l’uomo è passato dalla ricerca di un perfezione interna, morale, ad una perfezione esterna, corporea; cioè il problema che sempre più oggi le persone si pongono non è tanto ‘se mi comporto in questo modo farò bene, farò male, sarà giusto, sarà sbagliato?’ ma è diventato ‘sarò bello, attraente oppure no, piacerò o non piacerò?’ In effetti se ci pensiamo bene, il corpo, storicamente primo mezzo tecnico dell’uomo per cacciare, spostarsi e sopravvivere, si è trasformato progressivamente, e sempre più, da oggetto ‘naturale’ a oggetto ‘sociale’; un oggetto da modellare, all’interno di un contesto sociale come il nostro, quello occidentale, che enfatizza fortemente il culto dell’immagine corporea, della perfezione delle ‘forme’ e che fa dell’aspetto estetico l’arma vincente per eccellenza.
Un passaggio dall’anima al corpo, potremmo dire, che ci rende tutti più focalizzati sul nostro apparire piuttosto che sul nostro essere, in una competizione continua con gli altri.
Questo non significa certo che dovremmo trascurare il nostro aspetto, che non dovremmo prenderci cura del nostro corpo, curarlo, amarlo, viverlo serenamente. Ben vengano le cure estetiche, le attenzioni alimentari, lo sport se questo ci fa stare meglio con noi stessi o se ce n’ è un effettivo bisogno per motivi di salute. Non è certo un comportamento da biasimare! Ma l’impressione che ho osservando e ascoltando le persone – soprattutto grazie al mio lavoro di psicoterapeuta – è che si stia superando il limite, che non si voglia più accettare di avere un corpo che cambia nel corso degli anni, che si trasforma e che ahimè invecchia. Oppure, al contrario, ci si arrende di fronte alla fatica della cura di sé, si assume una posizione passiva, giustificandosi con l’idea che ‘la bellezza esteriore non conta e che l’importante è essere belli dentro’.
Ritengo che le due posizioni siano entrambe sbagliate: dobbiamo prenderci cura del nostro corpo – del resto già gli antichi sapevano che là dove c’è un corpo sano c’è anche una mente sana –; ma questa cura non deve diventare eccessiva: se così è, si trasforma in una vera e propria ossessione e, come tutte le ossessioni, si impossessa di noi rendendoci suoi schiavi.
Stare in equilibrio non è facile, mantenerlo ancora meno, ma è l’unico modo per vivere serenamente; qualsiasi eccesso – e questo vale non solo nei confronti del nostro corpo ma per qualsiasi altro ambito della nostra vita – può trasformarsi presto nel suo contrario, eccessivo anch’esso: il digiuno alimentare prepara l’abbuffata, l’eccesso di controllo fa perdere il controllo, la repressione finisce in trasgressione. In ogni caso la persona sarà di nuovo vittima dei suoi stessi tentativi di stare bene. Come un funambolo dovremmo quindi imparare l’arte di stare in equilibrio: il nostro bilanciere è dentro di noi, dobbiamo solo trovarlo e avere il coraggio di fare i primi piccoli passi, gli altri verranno da soli, e sono gli unici che ci condurranno verso una vita serena con noi stessi e con il resto del mondo.