Con D.O.C. si intende il Disturbo Ossessivo Compulsivo. Cosa è esattamente?
Chi ha avuto modo di leggere i miei due ultimi articoli avrà notato che l’argomento da me trattato è stato la paura. In particolare, nel penultimo ho parlato di quando la paura supera ogni limite e si trasforma in panico; nell’ultimo, di quando la paura si focalizza sulle malattie diventando una vera e propria fissazione ipocondriaca. Anche nell’articolo di questo mese voglio continuare a parlare della paura, dal momento che purtroppo tante e diverse sono le patologie che possono insorgere a partire da questa nostra emozione fondamentale.
Ma leggendo il titolo scelto potete giustamente chiedervi: cosa è il disturbo ossessivo-compulsivo? Ma soprattutto, che cosa lega l’ossessione compulsiva alla paura?
Quando parliamo di ossessione intendiamo un pensiero che affiora alla mente in continuazione, che non ci abbandona mai; un pensiero che nella maggioranza dei casi ci spaventa, ci terrorizza, come ad esempio l’idea di poter perdere i propri cari, oppure l’idea di essere contagiato da qualcosa di sporco, o ancora il dubbio di aver sbagliato qualcosa. E’ evidente pertanto il legame tra l’ossessione e la paura: l’ossessione nasce dalla paura, e per questo fa vivere la persona in un costante e insopportabile stato di ansia e angoscia.
Quando parliamo di compulsione intendiamo tutto ciò che la persona cerca di fare per alleviare questo forte stato ansioso dovuto al brutto pensiero, all’ossessione spaventosa. Quindi il disturbo ossessivo-compulsivo è l’insieme del pensiero ‘negativo’ che scatena la paura e dei tentativi messi in atto dalla persona per alleviare la paura stessa. Ciò che si osserva come atteggiamento e comportamento ridondante da parte degli ‘ossessionati’ è il mettere in atto tutta una serie di azioni che fungono da rassicurazione nei confronti dell’ossessione. Infatti, dal momento che l’azione messa in atto inizialmente dalla persona riesce effettivamente ad alleviare la sua angoscia, accade che ogni volta senta la necessità di ripeterla, fino a non poterne più fare a meno; in breve tempo, cioè, queste azioni si trasformano in veri e propri copioni ritualizzati che tendono ad esasperarsi fino a che la persona giunge a dover eseguire costantemente i rituali ossessivi per non essere sopraffatta dalla paura. Cioran scriveva ‘per gli ossessionati non c’è scelta, l’ossessione ha già scelto per loro’: per cui chi è ossessionato dalla paura di sporcarsi non potrà non eseguire tutta una serie di complicatissimi lavaggi una volta rientrato a casa; chi ha paura di perdere i propri cari, così come chi vive nel dubbio di poter sbagliare qualcosa, non potrà non eseguire tutta una serie di controlli per verificare che questo non accada,.
Potremmo dire che il disturbo ossessivo-compulsivo è l’esempio emblematico di come una soluzione, in questo caso rappresentata dal mettere in atto delle azioni per alleviare l’ansia derivante dall’ossessione, si trasforma in problema, dal momento che le persone diventano schiave dei loro stessi rituali. Solo l’idea di non poterli mettere in atto, anche una sola volta, le fa cadere in un fortissimo stato di angoscia, ma d’altra parte la vita che sono costrette a condurre ‘non è più una vita’ perché non hanno più libertà: tutto è dettato dall’ossessione e tutto è ritualizzato.
E in effetti molto spesso quando le persone giungono in terapia per chiedere aiuto dichiarano che il vero tormento dal quale vorrebbero uscire non è più la paura originaria che le ha costrette a innescare la catena di azioni ritualizzate, come la paura dello sporco o il dubbio di commettere errori, quanto l’impossibilità di cessare l’esecuzione degli rituali stessi.
Il disturbo ossessivo-compulsivo può essere suddiviso in due classi fondamentali a partire dallo scopo verso il quale sono orientati i rituali compulsivi. La prima di queste è caratterizzata dall’esecuzione di azioni o anche solo di pensieri che ‘riparano’ a qualcosa che è già accaduto: come ad esempio il lavarsi ripetutamente per eliminare lo sporco rimasto addosso, oppure il controllare più volte un lavoro eseguito per il timore di aver sbagliato. La seconda classe è caratterizzata invece da quel tipo di rituali compulsivi che vengono eseguiti per ‘prevenire’ qualcosa che potrebbe accadere, come ad esempio eseguire particolari movimenti in sequenza prefissata prima di uscire di casa per evitare incidenti, oppure ripetere complicate formule mentali per propiziare una fortuna futura.
Ma al di là di questa distinzione, quello che è importante è capire come aiutare la persona che soffre del disturbo ossessivo-compulsivo, una volta arrivata in terapia.
Si dice che le ossessioni compulsive siano la ‘bestia’ nere delle terapie, cioè il disturbo che forse più di ogni altro mette a dura prova gli psicoterapeuti; e in effetti i dati parlano chiaro: rispetto agli altri disturbi psicologici, il disturbo ossessivo compulsivo è quello nel quale la maggioranza delle psicoterapie ottiene i risultati sperati in molto più tempo e molto più difficilmente.
Tuttavia questa tendenza sembra smentita dai dati ricavati da oltre vent’anni di ricerca-intervento del prof. Nardone presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo; grazie ai protocolli di trattamento specifici per questo tipo di disturbo sono stati raggiunti infatti risultati quasi inaspettati, anche per le forme più gravi.
Per comprendere questo successo, però, non dobbiamo pensare a magie o trucchi nascosti, quanto piuttosto attribuirlo a l’aver compreso quale sia la logica sottostante al disturbo. Una volta capito ‘come funziona’, cioè come si crea e come si mantiene, il passo successivo è stato quello di ‘ricalcare questa stessa logica di funzionamento del problema’ utilizzando specifici stratagemmi terapeutici e, così facendo, distruggere dall’interno, con mosse apparentemente semplici – ma solo apparentemente – la sua vera matrice, cioè il meccanismo che lo tiene in piedi e lo fortifica giorno dopo giorno.
Il trattamento strategico del disturbo ossessivo-compulsivo mostra quindi che ‘se un problema è complicato, non necessariamente complicata e sofferta dovrà essere la terapia’.